Quanto possono influire le emozioni sulla nostra salute?

Dott.ssa Marta Tangari

Parliamo di emozioni…in modo scientifico!

In questo periodo storico, tra isolamento, restrizioni della libertà e necessità di contenimento di un contagio virale, siamo tutti in balìa di emozioni contrastanti.

Ci aggiriamo tra l’angoscia di contagiare, essere contagiati e la paura delle sanzioni per aver trasgredito alle regole. Poi c’è anche chi riesce a vedere il lato positivo provando la soddisfazione di portare a termine cose lasciate in sospeso per troppo tempo, di ripensare al proprio presente o semplicemente di dedicarsi di più ai propri figli e famiglia, cosa che la frenesia di prima non sempre permetteva.

Sia che si stia vivendo una fase o l’altra, ci sembra importante dare un sostegno ‘scientifico’ (ormai tutto gira attorno alla scienza) per aiutare a comprendere come siamo fatti, ritenendo che sia una base essenziale per capire meglio ciò che ci sta succedendo, quello che stiamo vivendo e le sue possibili conseguenze sulla nostra salute.

Abbiamo quindi deciso di dedicare una serie di articoli alle emozioni, focalizzandoci sul: cosa sono, da dove arrivano, come si sviluppano e fino a che punto possono influenzare la nostra salute sia mentale che fisica.

Per la Medicina Cinese, esse sono una delle cause patogene più importanti, ne abbiamo già parlato varie volte ma, per non essere sempre di parte, abbiamo deciso di spiegarle prima da un punto di vista più occidentale e vicino a noi.

Partiamo dall’inizio quindi, con la pubblicazione, nel 1872, de “L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali” di Darwin.

Egli sosteneva, creando non poco scalpore, che l’uomo e alcuni animali superiori (soprattutto primati) avessero degli istinti in comune, i medesimi sensi, intuizioni e anche emozioni complesse come gelosia, sospetto, emulazione, gratitudine, etc.

Ma cosa sono le emozioni?

Il termine deriva dal latino emovere (scuotere, muovere fuori) e indicano la motivazione indispensabile per iniziare un’azione, la scintilla che ci spinge a fare qualcosa.

Esse si possono percepire dall’esterno attraverso le espressioni facciali e movimenti fisici che comunicano il nostro stato mentale e le nostre intenzioni agli altri.  Per fare qualche esempio: un’espressione rabbiosa o una postura minacciosa avvertono l’altro di fare marcia indietro, le espressioni tristi spingono gli altri a prendersi cura di noi e così via.

Ma, seppure vi somigliano, gli uomini non sono esattamente come i primati…quindi cosa è successo?

Cosa ha spinto l’uomo ad evolversi rispetto agli animali?

Semplicemente il fatto di essere…il più debole!

Sembra strano ma, la scarsa autosufficienza umana lo ha spinto a creare delle comunità in cui essere protetto e che gli garantissero la sopravvivenza.

Il nostro cervello si è quindi specializzato nel filtrare le nostre emozioni, in quanto lo stare costantemente in uno stato di ‘attacco o fuga’ avrebbe di fatto eliminato tutti i comportamenti favorevoli alla sopravvivenza come: accudimento, cura, amore necessari per la protezione reciproca e la riproduzione.

E’ interessante notare che, mentre la nostra cultura ci porta a focalizzarci sulla nostra unicità, se ci guardiamo da un punto di vista più profondo, noi esistiamo a fatica come organismi individuali.

Il nostro cervello è concepito per far sì che funzioniamo come membri di una tribù e quindi la maggior parte della nostra energia è spesa per connetterci con gli altri.

Ma chi governa le nostre emozioni?

Ultimamente si sente spesso parlare del nervo vago e di come esso sia il primo responsabile delle nostre reazioni legate alle emozioni.

Ma nello specifico cosa fa? Cosa controlla?

In parole semplici, il nervo vago o pneumogastrico è il responsabile della comunicazione tra cuore, polmoni, intestino e cervello. Per cui quando la mente è fortemente eccitata influenza istantaneamente lo stato delle viscere…e viceversa.

Questa comunicazione a due direzioni è stata a lungo ignorata nella scienza occidentale (mentre costituisce la parte fondante di pratiche di guarigione antiche, come quella cinese e indiana), ma negli ultimi anni sta venendo estremamente rivalutata e studiata.

A sua volta il nervo vago fa parte di un sistema più complesso di ‘botta e risposta’ chiamato sistema nervoso autonomo.

Per non dilungarci troppo, possiamo sintetizzarne il funzionamento in questo modo:

Sistema simpatico

Lo dice il nome stesso, attribuitogli dal medico Galeno quasi 2000 anni fa: sum pathos ovvero ‘con le emozioni’.

Questo sistema agisce come un acceleratore del corpo ed è responsabile dell’accensione dello stato di vigilanza e di pronta reazione agli stimoli esterni (risposte di attacco, fuga o comportamento evitante)

Sistema parasimpatico

Funge da freno del corpo, facendo il moderatore delle reazioni esagerate del primo sistema, calmando il cuore, rilassando i muscoli e riportando il respiro alla normalità. E’ il sistema che promuove l’ autoconservazione, quindi funzioni come la digestione, la cura delle ferite, la protezione e l’accoppiamento.

Interessante notare come, quando respiriamo, l’inspirazione attivi il sistema simpatico (velocizzando il cuore con conseguente esplosione di adrenalina) mentre l’espirazione attivi quello parasimpatico che rallenta il battito cardiaco.

Non per nulla molti atleti utilizzano varie tecniche di inspirazione forzata prima delle competizioni e invece nella meditazione o nelle respirazioni rilassanti, si vadano ad allungare i tempi di espirazione per permettere un rilassamento corporeo.

Come vediamo…è sempre una questione di equilibrio tra due forze opposte e correlate!

Come si inserisce il nervo vago in tutto questo?

Secondo la teoria di Stephen Porges ( ricercatore e docente dell’università del North Carolina) il nervo vago si scinde in molti rami connettendo numerosi organi (cervello, polmoni, cuore, stomaco e intestino) e proprio grazie a queste connessioni funge da ponte tra le nostre emozioni e il nostro corpo.

In particolare Porges sottolinea come il sistema nervoso autonomo regoli tre stati fisiologici fondamentali  tra i quali oscilliamo a seconda del nostro grado di sicurezza percepita, ovvero da quanto ci sentiamo ‘al sicuro’ in una situazione.

Il primo sistema, più evoluto, è quello di coinvolgimento sociale: chiediamo aiuto, supporto e conforto alle persone intorno a noi.

Il secondo sistema scatta se nessuno ci presta soccorso o se ci troviamo nel pericolo immediato, ed è la risposta primitiva dell’attacco o fuga.

Il terzo sistema è quello di congelamento o collasso, che si innesca quando gli altri due non hanno funzionato. Se non riusciamo a trovare aiuto o a fuggire o difenderci, l’organismo nel tentativo di preservarsi, si spegne spendendo il minor quantitativo di energia possibile.

Nel pratico come funziona?

Nel primo sistema, quando ci sentiamo sicuri, domina il nervo vagale ventrale, che ha origine nel tronco encefalico (assieme ad altri nervi contigui che controllano i muscoli di viso, gola e apparato vocale), facendoci sorridere quando gli altri ci sorridono, annuire quando siamo d’accordo o corrucciare la fronte quando i nostri amici ci parlano delle loro sfortune. Esso manda segnali al cuore e a i polmoni, calmando il battito cardiaco  e aumentando la profondità del respiro, facendoci sentire calmi, centrati e rilassati.

Qualsiasi minaccia alla nostra sicurezza o alle nostre connessioni sociali, sollecita cambiamenti nelle aree innervate dal nervo vagale ventrale e chiediamo aiuto a coloro che ci stanno intorno attraverso le nostre espressioni facciali ed il tono della voce. Se nessuno ci risponde però,  passiamo al secondo sistema, dove si attiva il sistema simpatico di cui abbiamo parlato prima, mobilitando muscoli, cuore e polmoni per prepararli all’attacco e fuga.

Infine, quando capiamo di non avere via d’uscita, passiamo al terzo sistema dove si attiva il nucleo vagale dorsale ( che si estende dal di sotto del diaframma, allo stomaco, fegato, intestino) e riduce drasticamente il metabolismo in tutto il corpo. Si avverte un ‘tuffo al cuore’, non si riesce a respirare ed il nostro intestino smette di funzionare ( da qui l’espressione letterale farsela addosso).

Il nervo vago quindi si è evoluto nei mammiferi per supportare una vita sociale via via più complessa: più efficace è nella sincronizzazione dei sistemi simpatico e parasimpatico, meglio ogni individuo si sintonizzerà con gli individui appartenenti alla stessa tribù.

Un ultima curiosità…il nervo vago è quello che guida l’adattamento emotivo dei neonati. Dapprima infatti sono esseri piuttosto asociali ( dormono, mangiano ed espletano funzioni corporali). Un po’ alla volta spendono del tempo guardandosi attorno e giorno dopo giorno, attraverso gli stimoli dati dai genitori (sorrisi, versi strani, balbettii) essi si sincronizzano sempre di più con l’ambiente circostante entrando in sintonia con i membri della tribù in cui vivono: la famiglia.

Nel prossimo articolo parleremo più approfonditamente delle relazioni esistenti tra stati del corpo, emozioni e sopravvivenza.

Ci sembrava doveroso fornire prima un’analisi più ‘meccanica’ del funzionamento del nostro corpo, in modo da poter capire meglio quello che approfondiremo in seguito.

 

Bibliografia

Il corpo accusa il colpo – Bressel Van der Kolk

L’educazione emotiva – Alberto Pellai

La scienza del respiro – Mike Maric

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