Continuiamo con l’excursus storico sull’omeopatia e di come è stata utilizzata durante le epidemie.
Mai come in questo periodo si è sentito parlare, tra un paragone e l’altro, dell’influenza spagnola. Vediamo quale fu il ruolo dell’omeopatia durante questa enorme epidemia.
La “grande peste bianca” del 1918-19 provocò da 40 a 100 milioni di morti in tutto il mondo, di cui 375.000 solo in Italia. Quella pandemia fu chiamata “spagnola” semplicemente perché all’epoca, la Spagna, in quanto Paese neutrale, non era soggetta alla censura militare che impedì che circolasse qualsiasi informazione in merito.
Fu un evento che colse tutti di sorpresa: medici, militari, governi non sapevano di cosa si trattasse e come gestirla anche perché presentava caratteristiche alquanto diverse rispetto alle “comuni” forme influenzali. A differenza di queste ultime, come già ribadito, la pandemia non colpiva l’età infanto-giovanile, soggetti anziani e/o immunodeficienti, ma sembrava privilegiare giovani maschi adulti sani tra i 20 ed i 40 anni e donne incinte. Inoltre la forma più letale non si manifestò nei freddi mesi invernali bensì nel caldo-umido della tarda estate-inizio autunno 1918.
Questa “strana” epidemia colse di sorpresa l’intera comunità accademica, che ne ignorava l’etiopatogenesi (il virus responsabile fu identificato solo nel 1933 da un team britannico) e poteva opporre una terapia semplicemente sintomatica, basata esclusivamente sul vaccino, sul chinino e sui salicilati. Ciononostante, i dati sulla mortalità nei soggetti trattati allopaticamente furono disastrosi (20-40%) mentre in quelli trattati con sola terapia omeopatica la mortalità si aggirava attorno al 1-2.1%.
Secondo l’esperienza degli omeopati europei ed americani l’aspirina (in alte dosi) avrebbe avuto una grossa responsabilità nell’exitus fatale in quanto la sua azione soppressiva avrebbe dato luogo a gravi pneumopatie in soggetti già defedati.
I successi riportati dagli omeopati europei ed americani (che in questa sede intendiamo esaminare), benché mai riconosciuti dalle istituzioni ufficiali, sono tuttavia testimoniati dalla scelta dei rimedi e dalle loro casistiche, da cui emerge un’incredibile concordanza di dati.
Purtroppo la pesante censura militare, come si è già detto, non permise ai medici omeopati dei Paesi europei coinvolti nel conflitto, di diffondere e pubblicare dati sulla spagnola, e questa è la ragione principale per cui non abbiamo notizie significative riguardanti l’Italia e gli altri Paesi belligeranti.
In quegli anni le principali riviste italiane cessarono la pubblicazione e il numero dei medici omeopatici si andò riducendo progressivamente fino agli anni ‘30.
Ad eccezione di A. Nebel 45(che tra l’altro nel 1938 mise a punto il nosode “Influenzinum” 46), solo agli omeopati spagnoli (in Europa) ed americani fu concesso di lasciarci testimonianza del lavoro svolto.
Trenta medici omeopatici in Connecticut riferirono di aver trattato circa 6000 pazienti con una mortalità complessiva inferiore all’1% del totale. Risultati simili furono riportati dalla Società Omeopatica della Columbia su 1500 pazienti.
Nell’Hahnemann Medical College di Philadeplhia, una struttura con centinaia di posti letto nonché una scuola per medici omeopatici e anche scuola per infermieri, furono trattati più di 25.000 pazienti con risultati simili.
Questa la terapia principalmente impiegata:
Bryonia, Aconitum ,Eupatorium, Nux Vomica, Phosphorus, Rhus Tox, Veratrum viride, Baptisia, Gelsemium, Chininum sulfuricum, Ipecacuanha, Tartarus emeticus, Arsenicum, Carbo Vegetabilis, Ranunculus, Cantharis, Iodum, Opium, Ignatia, Apium virus, Hyosciamus, Cina, Colocynthis, Mercurius corrosivus, Veratrum album, Colchicum, Chelidonium, Ferrum phosphoricum, Allium cepa, Phosphoricum acidum, Hydrastis, Secale cornutum, Millefolium, Lachesis, Crotalus.
Tutte le dosi venivano somministrate in bassa diluizione.
In convalescenza: Avena Sativa, Arsenicum, China, Gelsemium.
Anche se dal 1918 la scienza biomedica ha compiuto enormi progressi in ogni settore, è impossibile ignorare i risultati conseguiti allora dall’Omeopatia, che superò brillantemente la sfida sul campo con la pandemia influenzale.
Benché i suoi detrattori tendano, come sempre, ad ignorare o minimizzare quei successi, esiste un’ampia letteratura a comprovare e validare quella esperienza.
Un’esperienza che, ci auguriamo, dovrebbe essere conosciuta ed approfondita da ogni omeopata affinchè possa essere divulgata e trasmessa alle generazioni future.
Le informazioni esposte in questo articolo sono tratte da:
- Larry Malerba. Homeopathy in Epidemic Disease. documentario
- Francesco E. Negro. Influenza spagnola. Il medico omeopata, 2017